Conferenza:
“100 anni di relatività fra paradossi e conferme sperimentali”di Lorenzo Brandi
Le premesse della relatività siamo soliti attribuirle a Galileo ma già il buon senso suggerisce che se due osservatori si muovono rispetto ad un terzo la velocità con cui essi si vedono sfilare sarà diversa: se procedono nello stesso verso la loro velocità reciproca sarà pari alla differenza fra le velocità che il terzo osservatore avrà misurato e se si muovono in verso opposto la velocità reciproca sarà pari alla somma. Giunti a velocità prossime a quelle della luce tutto ciò non è più vero. Per affrontare adeguatamente la fisica relativistica, che ha trovato il suo coronamento nelle pubblicazioni di A. Einstein, dobbiamo abbandonare i presupposti a noi familiari di invarianza nelle misure di spazio e di tempo in tutti i sistemi di riferimento, a vantaggio di altri. Anche le equazioni di moto classiche devono essere abbandonate a vantaggio di altre create ad hoc da Lorentz. Tutto ciò porta a conseguenze inaspettate. La coerenza con i fenomeni che hanno luogo nella quotidianità sono giustificabili solo dalle basse velocità di movimento rispetto alla velocità della luce. Eppure innumerevoli verifiche sperimentali danno conferma di quelle che per Einstein furono solo delle intuizioni.